mercoledì 28 gennaio 2015

"Cinquantacinque, l'età della rottamazione generale" di G. Domizi - Una premessa dell'autore...

Fotografia di Marzia Schenetti
Sto per pubblicare, in undici puntate a partire da Febbraio, la raccolta: “Cinquantacinque – L'età della rottamazione generale”. E' un'esclusiva per Tutùm Versi. Ciò significa che questo mio secondo libro di poesie sarà esclusivamente “regalato on line”, grazie al Blog di Giulia, Serena e le loro coltissime e giovani amiche. “Cinquantacinque” consta di considerazioni a largo raggio sulla mia vita (ho 55 anni), e sulla vita di ognuno. Ogni uscita, da Febbraio a Dicembre (11 uscite), sarà composta da 5 poesie brevissime, di 4 versi, e da una foto di Marzia Schenetti. La metafora della “rottamazione” è, per quanto mi riguarda, pre-renziana, ed è uno scherzoso argomento polemico che sono solito usare nei confronti dei coetanei che si ostinano a “fare i giovani”, dotandosi di selfie, liposuzioni, siliconi, brutte auto, brutte barche, brutti vestiti, invece di sciacquare, come l'età richiederebbe, la dentiera nel Polydent, ed andare a ballare la mazurka alla Casa del Popolo, in un profluvio di lambrusco e una caterva di tigelle. O andare in una fraschetta dei Castelli, e cimentarsi con porchetta e vino di Frascati. Mi riferisco ovviamente all'Emilia che mi ospita, e al Lazio in cui nacqui … ognuno potrà costruirsi un equivalente per altre regioni. 

Siccome questo più ampio genere di considerazioni in versi “sulla vita” viene in qualche modo ad affiancare, ed in parte a sostituire, le mie precedenti “insistenze” sui “rapporti di genere”, con frequenti incursioni nell'erotismo e nel porno, sento la necessità di congedare il mio demone (che aveva, fra l'altro, ispirato la rubrica in versi “PornoScorrect”, sempre all'interno di Tutùm), mediante una ricognizione critica, a posteriori. Non si tratta ovviamente di critica estetica, giacché l'autore è l'ultima persona a poter giudicare la qualità dei propri versi, ma di critica semio-sociologica … un tentativo, insomma, di spiegare il senso delle precedenti “insistenze”, e forse anche un piccolo saggio, provvisorio e parziale, sull'argomento dell'erotismo e dell'immaginazione pornografica nell'ambito dei rapporti fra uomo e donna,

Infine, per chi fosse interessato a qualche notizia ulteriore sulla mia produzione, ricordo che l'unico libro in carta da me pubblicato (e autoprodotto) si chiama “Sessantanove”, ed è, con trivialissimo gioco di parole, composto da 69 poesie prevalentemente porno. Esiste anche una pagina di Facebook chiamata “Sessantanove”: può dare un'idea approssimativa del libro (o almeno delle poesie leggibili “da tutti”), ma raramente viene aggiornata. Ulteriori poesie porno, o comunque sui rapporti fra uomo e donna, le ho pubblicate e le sto pubblicando sul mio Diario di Facebook, “regalandole”. Contemporaneamente all'avventura virtuale con Tutùm (“Cinquantacinque”), e comunque presumibilmente in vita dell'autore, dovrebbe uscire il terzo libro (secondo cartaceo): “Si impara ad amare”. Egualmente autoprodotto, millanta la noiosissima ed inutile saggezza personale, oramai precariamente raggiunta.

Leggo e cito, da Internet:
“Non è una prerogativa degli sciupafemmine più incalliti, il fatto di non badare troppo all’aspetto fisico di una donna per cercare subito di conquistarla. Bella o brutta che sia, all’uomo (ogni tipo di uomo) una “lei” va bene sempre e comunque. La prova scientifica, sotto forma di un innalzamento del livello di testosterone alla semplice presenza di una donna, arriva a conclusione di uno studio pubblicato sulla rivista scientifica “Hormones and Behaviour” e condotto dall´università olandese di Groningen su 63 ragazzi di età compresa tra 21 e 25 anni. Ciascun giovane è stato collocato in una stanza con una donna che non aveva mai visto prima di allora. Il risultato è stato che, dopo cinque minuti, i livelli degli ormoni maschili sono aumentati in media dell´8%. La misurazione è stata effettuata tramite campioni di saliva. In seguito, ai ragazzi è stato chiesto se fossero attratti dalla giovane con cui si erano appena trovati a parlare, e i risultati mostrano che la loro opinione a riguardo non ha influenzato l´aumento del testosterone”.

Non so se l'esperimento sia riportato correttamente; in particolare, mi insospettisce il fatto che siano state richieste “opinioni”, che rappresentano il prodotto culturale maggiormente soggetto ad automanipolazione inconscia (insomma, “la gente mente”, direbbe il dottor House) … ma “se non è vero, è ben trovato”. E l'epilogo, vero o verosimile che sia, finisce per rinforzare la ben nota descrizione dei maschi eterosessuali (fatta dalla donne, ma anche, scherzosamente, da se stessi) come esseri orientati sessualmente verso qualsiasi tipo di femmina, “basta che respiri”. Tuttavia, questa “caratteristica” non sembra impedire agli uomini di conoscere donne, corteggiarle in modo addirittura romantico, flirtare, fidanzarsi, cimentarsi in rapporti sessuali accettabili, avere un'esistenza personale in possibile evoluzione e sviluppo, sposarsi … ed anche riuscire a parlare sensatamente, talvolta, di tutte queste cose.
Considero polemica, seppure non destituita di fondamento, l'idea che questa trasformazione degli istinti avvenga per fruire di prelibatezze gastronomiche e camicie ben stirate. Più fondata la considerazione secondo cui l'enorme spazio fra il “basta che respiri” e il matrimonio venga alla fine riempito mediante un qualche misterioso suggerimento genetico e ancestrale, nonché mediante apprendimenti inconsci che si perpetuano di generazione in generazione. Comunque sia, rimane il fatto che sembra esistere una sorta di “buco nero” fra due istanze maschili reciprocamente distanti, praticamente opposte; e che la cultura ed il linguaggio si sforzano costantemente di riempirlo, mediante comportamenti, parole e “scritture” di vario genere, da quelle quotidiane-informali a quelle artistiche (letteratura, fotografia, pittura, ecc..).

Soffermiamoci sulla quotidianità delle parole. Secondo me, ogni intervento linguistico di un maschio (per esempio la descrizione del perché una donna piaccia particolarmente) frammenta quell'ipotetico “buco nero” in due distinte voragini: il PRIMA dell'apprezzamento, ed in questo caso bisognerebbe comprendere che cosa determini il parziale superamento del “basta che respiri”; ed il DOPO l'apprezzamento, ed in questo caso bisognerebbe comprendere se e come, a partire dalle considerazioni estetiche ed erotiche, venga costruita una qualche decisione conseguente, o una serie di decisioni coordinate, che portino al semplice “provarci”, all'interesse più profondo, e/o alla scelta di sposarsi. Questa è la storia personale di qualsiasi uomo, nella versione (maschio eterosessuale) che io conosco; sulle altre, non mi azzardo. Per completarla, vorrei aggiungere due cose: in primo luogo, se l'apprezzamento assume una forma scritta, “quotidiana” o “artistica” che sia, la “cultura” su cui si basa sarà più evidente (“scripta manent”), e forse più consapevole al soggetto stesso; in secondo luogo, essendo ogni forma culturale condizionata a livello psico-sociale ed economico-sociale, quindi variabile storicamente, dobbiamo dar conto di come le scelte e le decisioni esistenziali, e quindi, a monte, anche le modalità di apprezzamento e non-apprezzamento, siano state prepotentemente “centrifugate” dai Media e da Internet. Ogni tanto me la prendo scherzosamente con i maschi che gratificano di “Wow!” e “Sirena” qualsiasi volgarona malamente “postatasi”. Ma proprio la tendenziale improponibilità della relazione che si instaura per questa duplice scrittura (ovvero, la foto femminile ed il commento maschile … una relazione che è anche fortemente implausibile nella correlazione fra obiettivi e mezzi: qualche uomo avrà mai “concluso” con una donna, utilizzando come “apertura” simili apprezzamenti?), finisce per rinnovare, a maggior ragione, il quesito che sto ponendo in queste note: cosa converte il “basta che respiri” in “Wow!”? E cosa discende da quel “Wow!”? Presumibilmente nulla di fatto (con quella specifica donna); ma contemporaneamente, anche mediante questo genere di “scritture” si va a realizzare, plausibilmente, nel tempo una costante e molecolare redifinizione dei rapporti fra uomo e donna, fra maschio e femmina, e quindi “di genere”. (Ciò ci dice che i temi del patriarcato, della violenza fra i sessi, della presenza femminile nelle organizzazioni e soprattutto nelle imprese, della divisione delle cure e delle incombenze domestiche, del sesso e della coppia dovrebbero essere visti anche in relazione all'involuzione o alla precaria evoluzione attuale di uomini e donne, ed alle conseguenti espressioni culturali, in una sorta di “semiologia” delle masse; e non come singoli temi a sé stanti, che, proprio perché tali, rimarranno scarsamente risolvibili.).

Ebbene, la mia poesia parla di tutte queste cose, ed essendo mia intenzione quella di parlare di ciò che conosco, lo fa dal punto di vista del maschio eterossesuale “maturo” (quantomeno anagraficamente!). Ad eccezione delle poesie che toccano temi molto vasti (l'amore, i figli, la vecchiaia, la morte, la ribellione politica), c'è sempre un “apprezzamento”, che è “contaminato” dal suo “prima” (il “basta che respiri”), dal suo “dopo” (“cosa fare” con questa specifica donna?), o da entrambi (“prima” e “dopo”); un”apprezzamento” che si mostra in modo veritiero e sincero, e spesso, conseguentemente, ribaldo e spudorato; ma che, proprio per questo, “mostra sé”, in tutte le sue tragicomiche conseguenze, ed anche talvolta, in una sorta di recondita sublimità.


Per arrivare a questo obiettivo, non narro solamente di cose che mi sono successe personalmente, ed anzi mi avvalgo massicciamente di immaginazioni e di racconti, maschili e soprattutto femminili (il che mi induce spesso a complicate traslazioni per “rimaschilizzare”, al fine di parlare, come prediligo, in prima persona). Solo qualche volta ho parlato “da donna”, rivolgendomi a un uomo. Non sono però mai riuscito a parlare di “vera violenza” (psico-fisica), intendendo invece l'abituale cialtronaggione e “sultanaggine” maschile fra le lenzuola come una rappresentazione che è solo “apparentemente violenta”, per quanto aggressiva, ma che, se ben “rappresentata”, in modo franco, consapevole e soprattutto complice, potrebbe avere addirittura un effetto catartico. Come a dire: il maschio “fa il maschio” a letto, e francamente non credo che ci siano serie alternative; ma allo scopo di “uscirne purificati” (mediante la catarsi), ed essere finalmente compagni, e (perché no?) rivoluzionari nella vita. (Ciò capovolge il ben noto “teorema di Ferradini”: “Cerca di essere un tenero amante, ma fuori dal letto nessuna pietà”, in: “Cerca di essere un compagno indimenticabile, ma fra le lenzuola nessuna pietà”.) Comunque, la parola “obiettivo” (della mia produzione poetica) è costituzionalmente impropria, perché sono tutte considerazioni “a posteriori”, che propongo a metà avanzata della mia ricerca; e questo spiega il ridimensionamento della tematica, nonché la riconversione della mia presenza artistica su Tutùm Versi. Non pretendo che le mie poesie “piacciano”, ma che documentino in maniera espressiva ciò che effettivamente documentano: un momento di transizione della cultura maschile, nei confronti dell'amore, del sesso, della coppia, della famiglia, della pornografia, della scrittura e delle immagini. Come a dire: scrivo anche a beneficio dei “rapporti di genere”, delle future generazioni, della rivoluzione, dell'ecologia e dell'amore universale. E scrivo pertanto soprattutto per la Patria. Ebbene, sì!, PER LA PATRIA … (Pinotti! … Boldrini! …). 


Gianfranco Domizi

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