«Vivendo egli fuori
dalle leggi che il tempo determina e impone, e non conoscendo egli
nel suo mondo né classi sociali, né impalcature ideologiche, e
mantenendo e avendo sempre mantenuto una piena e limpida indifferenza
nei confronti del potere, e intrattenendo con i vivi e con i morti
rapporti di assoluta semplicità e parità, egli è uno degli esseri
umani più liberi che siano esistiti»
Natalia Ginsburg
Sandro Penna è stato un poeta
omosessuale, ma questo non vuol dire che sia il poeta
dell'omosessualità. Forse perché (ri)scoperto molto tardi dalla
critica, che per anni l'ha considerato semplicemente un delizioso
poeta minore, ha subito un processo di misinterpretazione della sua
poesia così monotematica, così circolare. Fin dalla sua prima
pubblicazione (Poesie,
1927-38), le tematiche della poesia penniana si sono delineate come
dei pilastri che avrebbero tenuto salda la struttura di ogni
raccolta. Quell'apparente semplicità è in realtà il frutto di un
ponderato lavoro di rielaborazione e ripensamenti in cui le parole,
accostate con sonorità quasi bambinesche, sono in realtà legate da
linee di tensione coordinate in equilibri delicatissimi. Si è detto
che la poesia di Penna non ha subito evoluzione, mezza verità,
questa, recentemente riconsiderata. L'evoluzione c'è, ma procede per
un percorso a cerchi concentrici, o meglio, a spirale. Sono sempre le
stesse immagini, osservate da un punto di vista lontano ed estraneo
alle azioni, a determinare l'ispirazione iniziale. Ogni volta, però,
assumono dimensioni nuove, di raccolta in raccolta più ampie ed
articolate.
Tra i temi, appunto, l'amore. Così Penna è divenuto il
poeta dell'omosessualità, per puro caso, per incomprensione. Amava i
fanciulli, non esitava a dichiararlo, quel che ne è venuto fuori è
un canzoniere per molti versi omosessuale, per altrettanti d'amore.
Tu mi lasci.
Tu dici «la natura...».
Cosa sanno le donne
della tua bellezza.
***
Interno
Dal portiere non c'era nessuno.
C'era la luce sui poveri letti
disfatti. E sopra un tavolaccio
dormiva un ragazzaccio
bellissimo.
Uscì dalle sue braccia
annuvolate, esitando, un gattino.
***
Se la vita sapesse il mio amore!
me ne andrei questa sera lontano.
Me ne andrei dove il vento mi baci
dove il fiume mi parli sommesso.
Ma chi sa se la vita somiglia
al fanciullo che corre lontano...
***
Eccoli gli operai sul prato verde
a mangiare: non sono forse belli?
Corrono le automobili d'intorno,
passan le genti piene di giornali.
Ma gli operai non sono forse belli?
***
Dorme
sul lento carro un uomo. È giugno.
E
l'anima si leva in una vaga
certezza.
O cieli fermi. E nudi corpi.
Ma
le vivaci lotte dei fanciulli
non
sostano nel solo... Antica notte
li
piegherà più tardi con amore.
Serena Mauriello
Bibliografia:
Anna Vaglio, Invito
alla lettura di Sandro Penna, Milano, Mursia, 1993.
Associazione
internazionale dei critici letterari, L'Inquietudine del
vivere. Sandro Penna, la sua fortuna all'estero e la poesia del XX
secolo, Cosenza, Pellegrini,
2007.
Sandro
Penna, Tutte le poesie,
a cura di Cesare Garboli, Milano, Garzanti, 2000.
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