venerdì 5 dicembre 2014

[NarrAzioni] Lampedusa, gli Ibby camp e l'impresa per una biblioteca: intervista a Deborah Soria

Se un libro rappresenta il simbolo della cultura, una biblioteca ne è l’apoteosi. Avere sin da bambini l’opportunità di consultare, leggere e portare a casa gratuitamente piccoli pezzi di conoscenza, secondo me, è l’unico mezzo che il cittadino ha a disposizione per diventare consapevole, l’unico diritto che può permettergli di conoscerne molti altri.
Ma a Lampedusa questo diritto non esiste. O almeno non esisteva fino a qualche anno fa, finché gli operatori dell’associazione internazionale Ibby, che si occupano di portare lettura e letteratura “ovunque ce ne sia bisogno nel mondo”, hanno deciso di mettersi in moto per insegnare ai ragazzi di quest’isola che cosa sia una biblioteca.

“Quando sono arrivata a Lampedusa – mi spiega la volontaria Deborah Soria - davo assolutamente per scontato che tutti sapessero cosa sia una biblioteca. Ma con il tempo ho capito che non è così: ai bambini sembrava strano che si possa ritirare un libro senza pagarlo, non conoscevano questo diritto e l’esistenza di un servizio pubblico del genere. Così mi sono dovuta mettere nei loro panni e ricominciare tutto da capo”.
Quello di Ibby, da ormai tre anni, è un lavoro di impegno e

passione che sta spingendo – tempi amministrativi permettendo – per la nascita di un polo culturale dedicato ai bambini, un luogo in cui, appunto, si impari a diventare un cittadino che legge.
Io volevo capirci meglio, così ho fatto un paio di domande a Deborah Soria…


Da dove parte il progetto Lampedusa?
Il progetto parte innanzitutto da Ibby International, associazione che si occupa di promuovere la letteratura per ragazzi portando i libri  “dove servono” nell’arco di settanta Paesi in tutto il mondo.
Per quanto riguarda il progetto Lampedusa, abbiamo deciso, con Ibby Italia, di attivarci nel momento in cui ci siamo accorti che su quest’isola non c’è una libreria. Tra mille bambini e una situazione sociale complessa e spesso tesa, non esiste questo tipo di servizio pubblico. L’amministrazione si è resa disponibile offrendoci uno spazio in disuso e la promessa che sarebbe diventato più di una libreria. Noi abbiamo immediatamente iniziato ad organizzare sia i campi di volontariato una volta l’anno che gli eventi in loco.

Cos’è un campo di volontariato?
E’ un luogo in cui i volontari vengono chiamati per aiutare in un progetto. Quello di Ibby è il primo campo nell’ambito della letteratura: i nostri operatori partono da li per andare nelle scuole ad appassionare i bambini ai libri e si organizzano degli incontri in cui si parla del progetto alle classi. E questo è un lavoro solo propedeutico…

Se dal campo si passa alle scuole, dalle scuole si passa alla biblioteca!
Esatto. O per meglio dire alla libreria, perché quella di Lampedusa non è ancora adibita a vera e propria biblioteca. I bambini, dopo l’introduzione al progetto fatta in classe, vengono a visitare la struttura. Abbiamo centinaia di ragazzi ogni giorno, tempo fa abbiamo fatto il “cammino dei diritti” per i più piccoli; l’altro giorno si è costruito un libro insieme ad un’operatrice; quelli del liceo hanno fatto un corso di formazione per imparare a diventare lettori. Poi organizziamo percorsi attraverso i luoghi più sensibili ed emotivi dell’isola. Ogni volontario porta il proprio sapere e dalle conoscenze, inevitabilmente, nascono le idee. Sfidando questo grande vuoto culturale, peraltro, riceviamo moltissime soddisfazioni. 

Ad esempio?
Ad esempio l’interesse dei ragazzi! Tempo fa ero in giro per Lampedusa  e mi sono trovata di fronte a due bambini che parlavano di libri con i propri volumi sotto il braccio. Posso dire che è stato commovente vedere il frutto del nostro lavoro.

Un lavoro che, immagino, porta tante soddisfazioni quante difficoltà…
Far capire agli abitanti di un’isola come Lampedusa che lo si fa per passione e non per soldi è una vera e propria sfida, una delle principali da quando siamo qui. E poi c’è la questione comunale, la stasi amministrativa:  della biblioteca c’è l’idea, ma il comune deve fare i lavori. Al momento c’è solo il locale, un insieme di scaffaletti che reggono 300 libri. Ma mancano un programma, un bibliotecario e il regolamento, oltre a una serie di altri servizi fondamentali a un luogo di questo genere.  La nostra è diventata una specie di battaglia, perché nonostante il sì del Comune, bisogna lottare quotidianamente per ottenere le strutture !

Lampedusa è nota alle cronache per la grande strage di migranti che, poco più di un anno fa, ha per così dire “inaugurato” quella che è stata – e tutt’ora è – la più grande ondata di vite umane degli ultimi decenni in Italia ed Europa. Ritieni che sia una località che ha bisogno di programmi di cultura volti all’integrazione?
A Lampedusa si vedono molti meno migranti di quanto si possa pensare: la maggior parte di quelli che sbarcano sull’isola vengono smistati in altri centri d’Italia; alcuni restano diciamo “chiusi” nei centri d’accoglienza mentre altri girano per il centro della città, non per le zone residenziali. Nelle
scuole i bambini sono quasi tutti italiani. La situazione, comunque, resta tesa e complessa e Ibby affronta anche questa tematica: al Moba di Milano, fino a questo mese, c’è una mostra sui libri senza parole; l’esposizione consiste in una raccolta internazionale di libri in collaborazione con tutti i paesi che hanno una sezione Ibby, che hanno inviato alcuni loro volumi. È un progetto interessante, perché solo tramite i “libri senza parole” si può permettere di comunicare a bambini di culture diverse: l’interculturalità è il centro delle immagini, e quando non si parla la stessa lingua solo queste possono permettere di condividere. Ogni libro esposto, alla fine della mostra, arriverà anche a Lampedusa.


In conclusione, ciò che mi ha colpito di questo progetto è il fatto che non si deve sempre dare per scontato l’esistenza  di una biblioteca pubblica….
In un Paese democratico dovrebbe essere scontata la possibilità di poter fare una ricerca, accedere a delle informazioni, studiare e conoscere indipendentemente dal livello culturale della propria famiglia. Quelli che oggi sono bambini, un giorno saranno cittadini. E se saranno cittadini lettori, allora tanto meglio.


Intervista di Giulia Capozzi
(@giulscapozzi)

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