«E poi nelle mie vene di
bastardo è sangue ungaro e celtico, visigotico e longobardico. E poi
una congerie di modelli e una moltitudine di maestri: e verso questi
una mia ''diligenza'', cioè quasi un amore. E una ''disciplina'',
cioè quasi una guerra»
Carlo Emilio Gadda
Nel settembre del 1954 il settimanale
Epoca dedicò il numero a
un'inchiesta sulle prime prove creative di scrittori e poeti. Tra i
molti che presero parte al colloquio c'era anche Carlo Emilio Gadda e
rispondeva così
Molti
i conati, dai tredici in poi. Endecasillabi e prosa. Ottave infinite.
Copiose terza rima. Ebbi rima facilissima, di tipo “estemporaneo”.
(Ugo Betti, a Cellelager, mi disse un giorno a titolo di beffa e di
sfida: ebbene, fammi una rima in acca. Ed io du tic au tac: – Cecca
bislacca fa la vacca stracca.) […] La prima estrusione formalmente
accettabile, nella fattispecie un sonetto, è del settembre-ottobre
1910: anni miei pressoché diciassette. Non vale molto, s’intende.
Mi ero proposto di occupare il sonetto con un unico periodo
sintattico, disdegnando l’enunciazione franta e per così dire
disossata, non sorretta da un’impalcatura sintattica di tipo
conforme: (scheletri dei grandi vertebrati nei musei).
Più
che con le poesie Gadda inizia con dei conati
di parole stese in versi, una rima facilissima (come la prosa,
d'altronde) e da subito una
profonda capacità sperimentale. Tuttavia non è poi così inatteso che uno dei più grandi scrittori del Novecento italiano veda la sua origine proprio nella prova poetica. Pensiamo alla prosa gaddiana, alla sua tendenza a voler includere tutti i suoni e tutte le parole del mondo, al suo sperimentalismo esplosivo, scoppiettante, a quel tendere con tutte le forze e tutti gli strumenti possibili all'espressione, e non alla parola. I testi dell'autore del Pasticciaccio sono profondamente musicali e non sorprende che la loro genesi primaria sia proprio nel genere letterario più sonoro di tutti, la poesia.
profonda capacità sperimentale. Tuttavia non è poi così inatteso che uno dei più grandi scrittori del Novecento italiano veda la sua origine proprio nella prova poetica. Pensiamo alla prosa gaddiana, alla sua tendenza a voler includere tutti i suoni e tutte le parole del mondo, al suo sperimentalismo esplosivo, scoppiettante, a quel tendere con tutte le forze e tutti gli strumenti possibili all'espressione, e non alla parola. I testi dell'autore del Pasticciaccio sono profondamente musicali e non sorprende che la loro genesi primaria sia proprio nel genere letterario più sonoro di tutti, la poesia.
I
primi punti di riferimento sono gli stessi che aiutano tutti gli
apprendisti della parola in rima: ci sono Dante, Ariosto, ma anche
Orazio, Virgilio e Carducci-Petrarca senza però dimenticare il
fondamentale passaggio per d'Annunzio. Da queste grandi ispirazioni
connesse alla volontà sperimentale di cui si accennava, nasce un
piccolo corpus di venticinque componimenti di varia tipologia, metro
e temi. Solo dodici saranno editi durante la vita dello scrittore
milanese, uno di essi viene pensato anche come finale lirico della
Cognizione
del dolore.
Tuttavia l'esperienza poetica non è costante né duratura in Gadda,
presto si esaurirà lasciando spazio alla ruvida concretezza del
mondo e rimanendo per sempre legare a quel modo di vedere la realtà
che è proprio solo degli occhi di un adolescente.
"Guarda il soldato e sogna"
Guarda il soldato e sogna
e mangia e si chiede del mondo
se c’è la sua torre, se c’è la montagna
e le rose selvagge nei venti
e le rose nel profondo.
Se c’è la sua mamma ancora
che ascolta il ritorno
dei figli e per casa lavora:
i tre ragazzi se mangiano
se fanno lite se corrono
a indiavolarsi e si baciano ancora.
Serena Mauriello
Gianfranco
Contini, Introduzione,
in Carlo Emilio Gadda, La
cognizione del dolore,
Torino, Einaudi, 1970, pp. 15-35.
Giorgio
Patrizi, Gadda,
Roma, Salerno Editrice, 2014.
Maria
Antonietta Terzoli, Introduzione,
in Carlo Emilio Gadda, Poesie,Torino,
Einaudi, 1993, pp. V-XXIV.
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