Don Chisciotte (da Poesie d'Amore, Mondadori, 2002) Trecentocinquantanove anni, quattromiladuecentocinquanta chilometri separano Hikmet da Cervantes, ma è un cuore scosso da una passione indomabile, un sentimento condiviso da ogni scrittore, a unirli. Don Chisciotte rinasce in Hikmet, dalle ceneri prende nuova forma e un più facile accesso all'occhio del lettore novecentesco per poter godere nuovamente di un passato non così remoto se, in fondo, è condiviso.
Il cavaliere dell'eterna gioventù
segui, verso la cinquantina,
la legge che batteva nel suo cuore.
Partì un bel mattino di luglio
per conquistare, il bello, il vero, il giusto.
Davanti a lui c'era il mondo
con i suoi giganti assurdi e abbietti
sotto di lui Ronzinante
triste ed eroico.
Lo so quando si è presi da questa passione
e il cuore ha un peso rispettabile
non c'è niente da fare, Don Chisciotte,
niente da fare
è necessario battersi
contro i mulini a vento.
Hai ragione tu, Dulcinea
é la donna più bella del mondo
certo
bisognava gridarlo in faccia
ai bottegai
certo
dovevano buttartisi addosso
e coprirti di botte
ma tu sei il cavaliere invincibile degli assetati
tu continuerai a vivere come una fiamma
nel tuo pesante guscio di ferro
e Dulcinea
sarà ogni giorno più bella.
Nazim Hikmet, poeta turco naturalizzato polacco, nasce a Salonicco nel 1901 da padre diplomatico, Nazim Bey, e dalla pittrice Aisha, amante di poesia francese e specialmente di Lamartine e Baudelaire. Scrittore precocissimo, pubblicò la sua prima raccolta a diciassette anni. Studente di sociologia a Mosca, dopo aver conosciuto le letture di Marx entra a far parte del partito comunista conoscendo Lenin, Esenin e Majakovskij. Rientrato clandestinamente in Turchia nel 1928 e dedicatosi ampiamente alla scrittura in ogni sua forma, fu condannato in prigione una prima volta nel 1935, una secondal nel 1938 per essersi opposto al governo nazista e quello franchista oltre che alla dittatura di Kemal Ataturk in Anatolia. Solo con l'intervento di Tristan Tzare, Pablo Picasso, Paul Robeson e Jean-Palu Sartre riuscì ad arrivare alla liberazione nel 1950. Rientrato a Mosca, vi morì nel 1963 a causa di complicazioni cardiache.
Rubrica a cura di Serena Mauriello
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