mercoledì 20 aprile 2016

[News- Fotografia] - "World Press Photo" in mostra a Roma. Gli scatti storici del fotogiornalismo

Nel mese di maggio, il Museo di Roma in Trastevere ospiterà la mostra itinerante World Press Photo, uno dei più importanti concorsi al mondo nell'ambito del foto giornalismo.
La news, qualche info e 8 scatti storici dall'archivio ufficiale della fondazione olandese.



Dal 29 aprile al 29 maggio 2016, il Museo di Roma in Trastevere ospiterà l'anteprima italiana di uno dei più importanti contest di foto giornalismo al mondo. In una grande esposizione itinerante, centinaia di immagini si faranno testimoni dell'attualità attraverso le fotografie vincitrici del World Press Photo 2016. 
La tappa romana della mostra, promossa dalla sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali in collaborazione con il centro polifunzionale di fotografia 10bhotography e la World Press Photo Foundation, sarà visitabile dal martedì alla domenica dalle 10,00 alle 20,00, e per cinque venerdì straordinari resterà aperta fino alle 23,00.

Nato nel 1955, il premio World Press Photo è uno dei più importanti riconoscimenti nell'ambito del foto giornalismo in cui ogni anno, da 59 anni, una giuria indipendente di esperti internazionali è chiamata ad
esprimersi su migliaia di fotografie giornalistiche che arrivano agli uffici della World Press Foundation di Amsterdam. Quest'ultima, principale promotrice del contest, è un'associazione no-profit indipendente che ha tra i suoi obiettivi principali quello di promuovere e diffondere i massimi standard nel campo del foto-giornalismo. Oltre al celebre premio, la fondazione svolge attività in tutto il mondo attraverso seminari, laboratori e l'annuale Joop Swart Masterclass.

Quest'anno, la giuria ha suddiviso i lavori vincitori in 8 categorie, premiando 42 fotografi provenienti da 21 paesi di tutto il mondo, tra cui anche l'Italia.
La foto dell'anno è stata scelta dalla categoria TopNews, ed è del fotografo australiano Warren Richardson. Scattata il 28 agosto 2015 al confine tra la Serbia e l'Ucraina, si intitola Hope for new life e mostra un uomo che fa passare un bimbo attraverso il filo spinato. E' stata scelta per illustrare la situazione drammatica dei migranti che nel 2015 si è imposta sull’attualità. 


"La mostra World Press Photo non è solo una galleria di immagini sensazionali - spiegano gli organizzatori - ma è un documento storico che permette di rivivere gli eventi cruciali del nostro tempo".
Per ricordare come questo contest abbia scioccato, fatto discutere e indotto a riflettere sulla storia, ecco 8 scatti storici selezionati tra i vincitori assoluti dall'archivio della World Press Foundation.





1955
Il 1955 è l'anno della prima World Press Photo della storia. Selezionata tra 310 scatti inviati da 42 fotografi di 11 paesi diversi, fu scattata dalla Rolleiflex del fotografo danese Mogens von Haven.
L'immagine raffigura il singolare
 capitombolo sull'asfalto di un motociclista durante il Motorcross World Championship di Volk Mølle, in Danimarca.

1965
Le foto vincitrici della decima edizione del contest furono selezionate tra un numero di partecipanti nettamente superiore a quello di dieci anni prima: ben 2,720 scatti inviati da 695 fotografi di 49 paesi differenti. La vincitrice assoluta fu quella del fotografo giapponese Kyoichi Sawada, ritraente una mamma e i suoi bambini in Vietnam che attraversano un fiume per fuggire ai bombardamenti delle forze armate statunitensi. Queste ultime avevano evacuato il loro villaggio, sospetto di essere sfruttato come base da parte dei Viet Cong.

1975
Il 1975 fu l'anno del foto-giornalista statunitense Ovie Carter, che venne premiato per una fotografia commissionata da Chicago Tribune.  Lo scatto ritrae una mamma che tranquillizza la sua bambina affamata nei pressi di un campo a Kao, piccolo villaggio al centro del Niger.
Dal 1968 al 1974, gravi siccità devastarono il bestiame del paese, causando un grave crollo della produzione. Le siccità colpirono l'intera regione del Sahel, e in sei anni morirono di fame di fame almeno 350,000 persone.

1983
Selezionato tra 4,337 scatti di fotografi da 49 paesi differenti, questa WPP of the year fu scattata dal fotografo statunitense Robin Moyer e commissionata da Black Star per il Time.
Ambientata a Beirut, Libano, ritrae corpi di palestinesi che giacciono a terra dopo un massacro da parte dei miliziani della Falange cristiana. L'attacco si verificò tra il 16 e il 18 settembre 1982, durante la guerra civile libanese. Durante gli scontri, circa 150 miliziani armati uccisero tra i 500  e i 4000 civili palestinesi, tra cui un gran numero di donne, bambini e anziani.
La milizia armata, legata al Phalange Party, era alleata alle forze di Difesa israeliane, che al tempo occupavano l'area di Beirut e tenevano sotto controllo i campi rifugiati.


1986
Scattata dal fotografo francese Frank Fournier e selezionata come vincitrice tra oltre 5,300 immagini, questa fotografia ritrae gli ultimi momenti di vita di una ragazza di nome Omayra Sanchez, intrappolata fra i detriti durante l'eruzione del vulcano Nevado del Ruìz.
Il 13 novembre 1985 il vulcano, situato in Colombia e alto oltre 5000 metri, eruttò, causando un'esplosione che raggiunse i villaggi a valle e inghiottì completamente la cittadina di Armero. Il dispiegamento delle forze di soccorso non fu sufficiente e morirono oltre 25,000 persone.
Omayra rimase intrappolata tra le macerie della propria casa per tre notti. I soccorritori non riuscivano a tirarla fuori e dovettero aspettare a lungo l'arrivo del materiale per trarla in salvo. La ragazza, che per ore rimase sospesa tra stati di coscienza e incoscienza, morì di un attacco di cuore prima che potessero salvarla, e fu ritratta dal foto-giornalista durante le sue ultime ore di vita. 

Le fotografie dell'agonia di Omayra disturbarono molti spettatori, suscitarono critiche, diedero vita a un dibattito sul ruolo del fotografo in queste situazioni. Fournier non si pentì mai di aver scattato quelle fotografie, ribadì più volte che era stato importante raccontare quella storia e di essere felice dell'impatto che aveva avuto sull'opinione pubblica.


1991
La World Press Photo del '91 è del fotografo francese Georges Mérillon. Ambientata in Kosovo, ritrae la disperazione di una famiglia jugoslava di fronte alla salma di Nasimi Elshani, ucciso durante le proteste contro la decisione del governo di abolire l'autonomia del Kosovo.
Il Kosovo, che era stato provincia autonoma della Serbia dal 1974, vide nel 1989 una riduzione della sua autonomia e forti repressioni culturali da parte del leader nazionalista serbo Milošević. La prima vittima di questa repressione fu l'etnia albanese, che per dieci anni si difese  dai soprusi quotidiani esclusivamente con mezzi non violenti e con forme di resistenza pacifica.

2001

Scelta tra 3,938 fotografi da 121 paesi differenti, la WPP of the year del 2001 è della fotografa statunitense Lara Jo Regan, commissionata da For Life.
Lo scatto ritrae la famiglia Sanchez nella propria casa in una Colonia del Texas. La mamma, immigrata dal Messico, realizza Piñatas di carta per i suoi bambini.Le "Colonias" sono aree residenziali non-incorporate che si trovano lungo i confini tra Texas e Messico. Non fanno parte di un territorio preciso e nella maggior parte dei casi sono prive di servizi fondamentali come l'acqua potabile, l'elettricità e i servizi sanitari.
Questa famiglia, come molte altre, non è presente in quei censimenti che determinano le zone in cui sono necessarie scuole, ospedali e altre fondamentali istituzioni.

2015

Selezionata tra quasi 100mila fotografie, la vincitrice assoluta dell'anno scorso è stata quella del fotografo danese Mads Nissen, commissionata da Berlisgske/Scanpix.
Protagonista dello scatto è una coppia gay. John e Alex stanno condividendo un momento di intimità nel loro appartamento di San Pietroburgo, ma la loro situazione è molto critica. In Russia, infatti, per gli LGBT la vita è sempre più rischiosa: le minoranze sessuali affrontano quotidianamente discriminazioni sociali e legali, molesti e attacchi criminali da parte di gruppi religiosi e nazionalisti.








A cura di Giulia C.

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