Riccardo Calisti ph. |
Mettiamo
che il fine di questa rubrica sia quello di definire il teatro.
Mettiamo che il definire sia in me una capacità parzialmente assente
e conseguentemente io abbia bisogno di navigare tra le definizioni
altrui per intravedere, come dall’oceano, il faro della mia
propria.
Questo
è il motivo per cui ho chiesto a un gruppo di persone di raccontarmi
la propria definizione di teatro.
Di
cosa parliamo quando diciamo la parola teatro?
Qual è il nostro teatro, quello che abbiamo in mente?
«Ok,
chiudete gli occhi e ditemi qual è la prima cosa a cui pensate se
dico la parola TEATRO.»
Intuitivamente
per molti la prima associazione riconduce allo spazio teatrale: Il
palcoscenico.
«Quando
le luci si spengono, ecco l’ingresso nella dimensione parallela»,
mi
dice Gabriella.
Il
luogo è come un etimologia: introduce alle radici del territorio
dello spettacolo dal vivo.
Teàtro
dal
latino Theatrum e dal greco Thea - tron . luogo destinato agli
spettacoli. Da Thea: il guardare, vista.
Tutte
queste voci fanno capo a Thayma: ammirazione, meraviglia.
Subito
mi accorgo che la parola teatro non è, però, sufficiente per
delineare il perimetro della mia indagine. Così smetto di utilizzare
la parola Teatro, sostituendolo con Spettacolo
dal Vivo.
Sì,
perché Tutùm teatro non si limiterà a parlare di ciò che avviene
nell’edificio teatrale, ciò che ci interessa è un analisi
continua dal macro al micro cosmo della performance.
L’indagine
si avvale delle navi delle tradizioni teatrali per soffermarsi, però,
sui detriti dei loro naufragi, intesi come aperture e possibilità di
scoperta dei relitti. Mi piacerebbe poter dire che questa metafora
sia stata partorita dalla mia mente, ma forse è ancora più dolce
poter dire che Franco Ruffini l’ha utilizzata pochi giorni fa in
una conversazione con un’aula di studenti al DAMS di Roma Tre. La
nave naufraga permette a chi vuole esplorare di
scoprire nel fondo del mare detriti e tesori. La
scoperta, d’altronde, è storicamente legata al rigenerarsi del
teatro da se stesso.
Ma
vi stavo parlando di un sondaggio, è che mi capita di dilungarmi...
So che voi sarete clementi. Dicevo: emerge dal sondaggio quanto è
facile avvicinarsi allo spettacolo dal vivo tramite la pratica. Ma
non mi stupisce: il
teatro è parte integrante dei percorsi formativi istituzionali che
ci circondano. Vedi la scuola, la chiesa, ma anche nel gruppo di
coetanei. I nostri giochi tra bambini: facciamo
finta che.
«Te
lo ricordi il tuo primo contatto, la prima esperienza, con lo
spettacolo dal vivo?»
«Certo!
io e mia sorella mettevamo su degli spettacoli in balcone. Con tanto
di prove e tutto il resto. Pensa che invitavamo tutta la via.»
La
performance è una pratica molto più diffusa di quel che pensiamo e
come tale è fortemente differenziata dalle esperienze e percezioni
individuali. Diviene difficile, quindi, scrivere un articolo
d’apertura sul teatro “in generale”. La prima differenziazione
che mi viene in mente è quella generazionale. Nel 1931 viene
introdotta in Italia la televisione.
Nel
’35, mia nonna, da sposata, compra la sua prima televisione da
mettere in casa.
Mi
racconta che sua nonna la portava a vedere il teatro dei burattini a
Livorno, dopo queste prime esperienza le era capitato spesso di
frequentare i teatri. Chi appartiene a quella generazione ha
conosciuto prima il palcoscenico, e, successivamente, il tubo
catodico. Per noi è diverso, ma lo è stato anche per i nostri
genitori. Nasciamo e cresciamo con una televisione in casa, la
domenica si va al multisala e il teatro si incontra per grazia divina
nelle gite istituzionali. Il rapporto con il teatro cambia negli
anni, ovviamente, anche in rapporto ai media e se ci pensate, anche
se sembra assurdo (vista la cronologia storica degli “agenti”
dello spettacolo), gli individui della generazione dagli anni
Quaranta in giù hanno vissuto l’avvento del teatro, piuttosto dei
nuovi media.
Per
concludere ho voluto chiedere ai poveri mal capitati:
«Cos’è
che ti aspetti di vedere quando vai a teatro?»
Questa
volta uso sapientemente la parola teatro per indirizzarli a un certo
tipo di fruizione commerciale dello spettacolo dal vivo. Le risposte
che ricevo sono varie, differenziate e vario pinte.
«Il
teatro per me è evasione nel senso che preferisco andare a vedere
uno spettacolo che abbia un senso manifesto. Non dico che debba
essere comico o di bassa qualità, intendo che preferisco capire
quello che vedo.» (Giorgio)
Molti
mi parlano del teatro dei grandi: Eduardo, Manfredi, Gassman. Altri
mi dicono che si aspettano di credere a quel che vedono e altri
pretendono di essere toccati, emozionati, trasportati, coinvolti.
Qualcuno mi ha risposto che si aspetta di vedere qualcosa di
artistico, di estetico.
Penso
ad Artaud che si rivolta nella tomba.
L’obiettivo
di questo sondaggio era marcare una linea retta da percorrere per
scoprire entroterra e confini dello spettacolo dal vivo.
Ma
il risultato è stato ancora più interessante. Il punto è che non
esiste un’univoca faccia del teatro. Ognuno di noi ne ha un'
immagine ben precisa e distinta. Oppure confusa, ma comunque
individualmente differenziata. Ognuno di noi è un occidente per
l’oriente dell’altro. Dal macro al micro.
Bene,
con questo voglio dirvi che qui vi parlerò di tutto il teatro. Il
teatro come luogo, pratica, tradizione, mezzo. Scritto, praticato,
immaginato, sognato, distrutto, agognato. Così che possiate qui
ritrovare le tracce del teatro come lo vedete voi e del teatro come
mai l’avreste immaginato.
Voglio
ringraziare Giulia per avermi dato fiducia e avermi affidato la
rubrica
senza
mai avermi effettivamente letta (o anche solo incontrata)
e
Serena per avermi spronato
aiutato
e
velatamente costretto a superare i miei limiti.
Dafne
Rubini
Partecipate
inoltre al nostro perpetuo sondaggio scrivendoci a
tutùmteatro@gmail.com
Nessun commento:
Posta un commento
Se ti piace il modo in cui parliamo del mondo... SHARE!
Alcune delle foto presenti su questo blog potrebbero esser prese da internet. In caso ne rivendicassi il copyright, invia una mail a tutumversi@gmail.com e saranno immediatamente rimosse :)
SI ai suggerimenti, NO agli insulti.
Buon viaggio lettore!