Anche
gli intellettuali fanno a botte, solo che lo fanno diversamente.
Avere l'immagine di un letterato tutto gatti, sigarette e libri
polverosi non è poi così sbagliato, eppure dire che non è così
sbagliato equivale a dire che non è poi così giusto. Nei secoli
alle nostre spalle, gli intellettuali si sono menati parecchie volte.
Non alludo al famoso caratterino di Hemingway e neanche alla folle
violenza dei futuristi, ma alle azzuffe tra intellettuali che si sono
svolte alla loro maniera. I letterati, gli intellettuali, sono
permalosi, è questo il problema. Il loro luogo di scontro non è un
ring, né il parcheggio dove il protagonista senza nome di Fight
Club
scazzottava con il suo alter
ego
nel romanzo di Palahniuk, gli intellettuali litigano sulle riviste, a
colpi di penna e punti fermi. Gadda diede a Moravia del povero
cretino, Croce se la prese un po' con tutti e un po' tutti gli
risposero, alla Morante scrissero addirittura una lettera a otto mani
che l'accusava di essere una mediocre scrittrice di romanzoni strappa
lacrime.
Era
il 2006, da un lato del ring di Repubblica
l'italianista
tra i più autorevoli (e odiato da file di studenti chini sulle sue
immense storie della letteratura) Giulio Ferroni, dall'altro il
vendutissimo e stralettissimo Alessandro Baricco. Cari critici, ho diritto a una vera stroncatura,
grida lo scrittore di Oceanomare
infervorato come non mai. Se la prende direttamente e in particolar
modo (in fondo, è contro il genere stesso del critico letterario a
scagliarsi) con Ferroni e Citati1,
così, dopo aver sottolineato l'autorevolezza delle loro voci e
averli definiti «due mandarini della nostra cultura»2,
li accusa di non leggerli e non recensirli. Li accusa di fare critica
di basso livello, «è
un modo di fare che conosco bene, e che è piuttosto diffuso, tra i
mandarini. Si aggirano nel salotto letterario, incantando il loro
uditorio con la raffinatezza delle loro chiacchiere, e poi, con
un'aria un po' infastidita, lasciano cadere lì che lo champagne che
stanno bevendo sa di piedi. Risatine complici dell'uditorio,
deliziato. Io sarei lo champagne»3.
Insomma Baricco non ci sta, lui non sa di piedi, sa di sentimenti che
riescono ad arrivare a «migliaia di italiani che si affrettano a
leggere, e decine di paesi del mondo si affrettano a tradurre»4.
Per ultimo, ciò che lo infastidisce è il loro sistematico modo di
sottrarsi al confronto. E forse, dicendolo, si è tirato anche un po'
troppo la zappa sui piedi perché Ferroni certe cose non se le fa
dire. Io me lo immagino il sorriso di Ferroni alla lettura di questa
frase, sotto i baffoni bianchi. La risposta arriva il giorno dopo
sulle pagine dello stesso quotidiano nazionale: Caro
Baricco, io la recensisco ma lei non mi legge.
«Qui la differenza è grande: io la leggo, ahimè, senza ricavarne
molto, e lei non legge me e ne ottiene un successo planetario»5,
risponde il critico. Le vendite di Baricco sono per Ferroni il
simbolo del successo del made
in Italy,
sono i prodotti di esportazione di un'azienda italiana che sa
imporsi, non di certo il trionfo della letteratura italiana oltre i
confini. Non si inoltra molto, qui, Ferroni, ma anche con la promessa
di non parlarne più, con cordiali
saluti
seguito da un sistematico punto fermo, tuttavia sente che gli argomenti non
sono esauriti. Così, dopo qualche mese, esce Sul
banco dei cattivi. A proposito di Baricco e di altri scrittori alla
moda,
l'italianista assieme a Massimo Onofri, Filippo La Porta e Alfonso
Berardinelli, si lancia contro Baricco e non solo, con lui
sono nel mirino Scarpa, Santacroce, De Luca, Niffoi, il nuovo giallo
italiano6... Ce n'è per tutti. Tornando allo scrittore in accusa, Ferroni lo
rimprovera di una certa profondità di superficie. Nella sua Storia
della letteratura italiana si
legge «con una sorta di autocontemplazione del narrare, un
insistente compiacersi delle storie, nel presupposto che la funzione
essenziale del vivere sia appunto quello di farsi storie e raccontare
storie, sull'onda di una superficiale musicalità che si atteggia a
profondità»7.
Baricco
sì o Baricco no? Il grande dilemma. Da una parte schiere di
letterati arrabbiati, dall'altra schiere di lettori infervorati.
Ferroni contro Baricco è metafora di qualcosa di più ampio. Da un
lato l'alta, altissima letteratura, dall'altro la lettura come modo
di intrattenimento. Baricco sa scrivere e lo sa fare molto meglio di
tanti romanzieri contemporanei, conosce le tecniche di comunicazione
della carta stampata. Conosce la tecnica della scrittura e ne è
pienamente consapevole. La sua abilità sta nello sfruttare queste
competenze fino a riuscire a trasmettere il sentimento, ma sentimento
derivato da cosa? Secondo un mio professore accademico, la
superfetazione tecnica di Baricco equivale a scrivere libri interi a
carattere maiuscolo. SOSTANZIALMENTE, SE SCRIVESSI A CARATTERI
CAPITALI, LE MIE PAROLE VI SALTEREBBERO PIU' ALL'OCCHIO. Tutto assume
il carattere di aforisma, trasmette una piacevolezza infinita, ma il
messaggio è più scarno di quello che appare.
In
un'intervista chiesero a Walter Pedullà il perché delle sue riserve
su Baricco, rispose: «Baricco
lavora sulle emozioni e sull’impatto, oltre che su uno stile
affascinante, ecco perché i suoi libri hanno sempre un discreto
successo di pubblico. Il primo livello di lettura è sempre la
piacevolezza, il sentire emozioni, ma poi il secondo, ti fa sentire
in un certo senso un imbroglio. Cosa resta di questa lettura?»8.
Un senso di imbroglio, ecco, una presa in giro, ma piacevolissima.
Serena Mauriello
1
Baricco si riferisce all'articolo di Piero Citati Morire di
commenti pubblicato su «La
Repubblica» il 23 febbraio 2006 in cui, parlando del sentimento di
estasi dovuto al pattinaggio artistico sul ghiaccio, afferma
«Dimenticavo
tutto: le noie, le mediocrità, gli errori della mia vita;
dimenticavo perfino l' Iliade di Baricco, e la vasta e
incomprensibile ottusità dei volti di Roberto Calderoli e di
Alfonso Pecoraro Scanio».
2
Alessandro Baricco, Cari critici, ho diritto a una vera
stroncatura, «La Repubblica»,
1 marzo 2006.
3 Ibidem.
4 Ibidem.
5
Giulio Ferroni, Caro Baricco, io la recensisco ma lei non mi
legge, «La Repubblica», 2
marzo 2006.
6
Giulio Ferroni, Massimo Onofri, Filippo La Porta, Alfonso
Berardinelli, Sul banco dei cattivi. A proposito di
Baricco e di altri scrittori alla moda,
Milano, Donzelli, 2006.
7
Giulio Ferroni, Storia della letteratura italiana, Il Novecento e
il nuovo millennio, Milano,
Mondadori, 2013, pp. 726-727.
8
Conversazione con Walter Pedullà,
«Origine», 18 aprile 2011.
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