martedì 10 marzo 2015

[Itinerari Letterari] - Le risse degli intellettuali #1: Ecco perché Baricco non piace ai letterati


Anche gli intellettuali fanno a botte, solo che lo fanno diversamente. Avere l'immagine di un letterato tutto gatti, sigarette e libri polverosi non è poi così sbagliato, eppure dire che non è così sbagliato equivale a dire che non è poi così giusto. Nei secoli alle nostre spalle, gli intellettuali si sono menati parecchie volte. Non alludo al famoso caratterino di Hemingway e neanche alla folle violenza dei futuristi, ma alle azzuffe tra intellettuali che si sono svolte alla loro maniera. I letterati, gli intellettuali, sono permalosi, è questo il problema. Il loro luogo di scontro non è un ring, né il parcheggio dove il protagonista senza nome di Fight Club scazzottava con il suo alter ego nel romanzo di Palahniuk, gli intellettuali litigano sulle riviste, a colpi di penna e punti fermi. Gadda diede a Moravia del povero cretino, Croce se la prese un po' con tutti e un po' tutti gli risposero, alla Morante scrissero addirittura una lettera a otto mani che l'accusava di essere una mediocre scrittrice di romanzoni strappa lacrime.

Era il 2006, da un lato del ring di Repubblica l'italianista tra i più autorevoli (e odiato da file di studenti chini sulle sue immense storie della letteratura) Giulio Ferroni, dall'altro il vendutissimo e stralettissimo Alessandro Baricco. Cari critici, ho diritto a una vera stroncatura, grida lo scrittore di Oceanomare infervorato come non mai. Se la prende direttamente e in particolar modo (in fondo, è contro il genere stesso del critico letterario a scagliarsi) con Ferroni e Citati1, così, dopo aver sottolineato l'autorevolezza delle loro voci e averli definiti «due mandarini della nostra cultura»2, li accusa di non leggerli e non recensirli. Li accusa di fare critica di basso livello, «è un modo di fare che conosco bene, e che è piuttosto diffuso, tra i mandarini. Si aggirano nel salotto letterario, incantando il loro uditorio con la raffinatezza delle loro chiacchiere, e poi, con un'aria un po' infastidita, lasciano cadere lì che lo champagne che stanno bevendo sa di piedi. Risatine complici dell'uditorio, deliziato. Io sarei lo champagne»3. Insomma Baricco non ci sta, lui non sa di piedi, sa di sentimenti che riescono ad arrivare a «migliaia di italiani che si affrettano a leggere, e decine di paesi del mondo si affrettano a tradurre»4. Per ultimo, ciò che lo infastidisce è il loro sistematico modo di sottrarsi al confronto. E forse, dicendolo, si è tirato anche un po' troppo la zappa sui piedi perché Ferroni certe cose non se le fa dire. Io me lo immagino il sorriso di Ferroni alla lettura di questa frase, sotto i baffoni bianchi. La risposta arriva il giorno dopo sulle pagine dello stesso quotidiano nazionale: Caro Baricco, io la recensisco ma lei non mi legge. «Qui la differenza è grande: io la leggo, ahimè, senza ricavarne molto, e lei non legge me e ne ottiene un successo planetario»5, risponde il critico. Le vendite di Baricco sono per Ferroni il simbolo del successo del made in Italy, sono i prodotti di esportazione di un'azienda italiana che sa imporsi, non di certo il trionfo della letteratura italiana oltre i confini. Non si inoltra molto, qui, Ferroni, ma anche con la promessa di non parlarne più, con cordiali saluti seguito da un sistematico punto fermo, tuttavia sente che gli argomenti non sono esauriti. Così, dopo qualche mese, esce Sul banco dei cattivi. A proposito di Baricco e di altri scrittori alla moda, l'italianista assieme a Massimo Onofri, Filippo La Porta e Alfonso Berardinelli, si lancia contro Baricco e non solo, con lui sono nel mirino Scarpa, Santacroce, De Luca, Niffoi, il nuovo giallo italiano6... Ce n'è per tutti. Tornando allo scrittore in accusa, Ferroni lo rimprovera di una certa profondità di superficie. Nella sua Storia della letteratura italiana si legge «con una sorta di autocontemplazione del narrare, un insistente compiacersi delle storie, nel presupposto che la funzione essenziale del vivere sia appunto quello di farsi storie e raccontare storie, sull'onda di una superficiale musicalità che si atteggia a profondità»7.
Baricco sì o Baricco no? Il grande dilemma. Da una parte schiere di letterati arrabbiati, dall'altra schiere di lettori infervorati. Ferroni contro Baricco è metafora di qualcosa di più ampio. Da un lato l'alta, altissima letteratura, dall'altro la lettura come modo di intrattenimento. Baricco sa scrivere e lo sa fare molto meglio di tanti romanzieri contemporanei, conosce le tecniche di comunicazione della carta stampata. Conosce la tecnica della scrittura e ne è pienamente consapevole. La sua abilità sta nello sfruttare queste competenze fino a riuscire a trasmettere il sentimento, ma sentimento derivato da cosa? Secondo un mio professore accademico, la superfetazione tecnica di Baricco equivale a scrivere libri interi a carattere maiuscolo. SOSTANZIALMENTE, SE SCRIVESSI A CARATTERI CAPITALI, LE MIE PAROLE VI SALTEREBBERO PIU' ALL'OCCHIO. Tutto assume il carattere di aforisma, trasmette una piacevolezza infinita, ma il messaggio è più scarno di quello che appare.
In un'intervista chiesero a Walter Pedullà il perché delle sue riserve su Baricco, rispose: «Baricco lavora sulle emozioni e sull’impatto, oltre che su uno stile affascinante, ecco perché i suoi libri hanno sempre un discreto successo di pubblico. Il primo livello di lettura è sempre la piacevolezza, il sentire emozioni, ma poi il secondo, ti fa sentire in un certo senso un imbroglio. Cosa resta di questa lettura?»8. Un senso di imbroglio, ecco, una presa in giro, ma piacevolissima.

Serena Mauriello



1 Baricco si riferisce all'articolo di Piero Citati Morire di commenti pubblicato su «La Repubblica» il 23 febbraio 2006 in cui, parlando del sentimento di estasi dovuto al pattinaggio artistico sul ghiaccio, afferma «Dimenticavo tutto: le noie, le mediocrità, gli errori della mia vita; dimenticavo perfino l' Iliade di Baricco, e la vasta e incomprensibile ottusità dei volti di Roberto Calderoli e di Alfonso Pecoraro Scanio».
2 Alessandro Baricco, Cari critici, ho diritto a una vera stroncatura, «La Repubblica», 1 marzo 2006.
3 Ibidem.
4 Ibidem.
5 Giulio Ferroni, Caro Baricco, io la recensisco ma lei non mi legge, «La Repubblica», 2 marzo 2006.
6 Giulio Ferroni, Massimo Onofri, Filippo La Porta, Alfonso Berardinelli, Sul banco dei cattivi. A proposito di Baricco e di altri scrittori alla moda, Milano, Donzelli, 2006.
7 Giulio Ferroni, Storia della letteratura italiana, Il Novecento e il nuovo millennio, Milano, Mondadori, 2013, pp. 726-727.
8 Conversazione con Walter Pedullà, «Origine», 18 aprile 2011.

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