Lo scorso mese ci eravamo salutati con
l'azzuffa salva onore di vociani e futuristi, questo mese è proprio
dai secondi che cominciamo insieme un nuovo percorso.
È il 1910, i tre – giovanissimi –
fratelli Bragaglia cominciano una serie di sperimentazioni
fotografiche lavorando principalmente sulle lunghe esposizioni.
L'obiettivo è uno: rappresentare il movimento nella fotografia. Si
vuole liberare la fotografia dalla fissità dell'impressione
istantanea della realtà. È il maggiore dei tre, l'appena ventenne
Anton Giulio, a pubblicare un anno dopo il saggio Fotodinamismo
Futurista correlato di sedici
tavole fotografiche. Per i fratelli «è vera espressione artistica
perché coinvolge emotivamente tre soggetti: il fotografo, i soggetto
fotografato e il destinatario finale»1.
Anton Giulio Bragaglia, Uomo che suona il contrabbasso |
Tra le
file dei futuristi c'è il ben noto Boccioni. Non era estraneo alla
fotografia, ma non si può dire che l'amasse.
Boccioni fotografa,
fotografa spesso, ma non fotografa prendendosi seriamente. A una
macchina ingombrante e professionale preferisce una più comoda
portatile. Interessanti sono le sue fotografie a livello
documentario, ci regalano immagini di sculture ormai perdute,
dell'evoluzione del suo studio, ritratti di momenti di vita di
Boccioni e di chi condivideva con lui le giornate e l'arte. Le
fotografie di Boccioni sono una sorta di foto-diario della sua vita,
non opere d'arte. Il giudizio dell'artista nei confronti della
fotografia è più che duro, la sua è una vera e propria «scomunica
delle tesi bragagliane»2.
Boccioni nel suo studio |
Quando
i Bragaglia rendono pubblici i loro esperimenti di fotodinamismo,
Boccioni non è semplicemente infastidito. Prende la carta da
lettere, la penna e scrive al direttore della galleria di Via del
Tritone Giuseppe Sprovieri. Con i Bragaglia non vuole condividere
nessuno spazio espositivo e per evitare eventuali discussioni
preferisce mettere tutto in chiaro.
Mi
raccomando, te lo scrivo a nome degli amici futuristi, escludi
qualsiasi contatto con la fotodinamica del Bragaglia. È una
presuntuosa inutilità che danneggia le nostre aspirazioni di
liberazione dalla riproduzione schematica o successiva della statica
e del moto... Immagina dunque se abbiamo bisogno della grafomania di
un fotografo positivista del dinamismo... Il suo libercolo mi è
sembrato, e così agli amici, semplicemente mostruoso. Grottesca la
prosopopea e l'infatuazione sull'inesistente.3
Ma
non basta aver dato a Bragaglia del grafomane scrittore di libercoli
mostruosi, un mese dopo sulla rivista «Lacerba» appare un avviso
sottoscritto non solo da Boccioni, ma anche da Balla, Carrà,
Russolo, Serverini con l'aggiunta di Soffici.
Qui
il problema non è relativo solo al rapporto tra futurismo e
fotografia, ma tra arte e fotografia. È un mezzo nuovo, alle sue
spalle non ha neanche un secolo di storia e già sembra volersi
appropriare degli ambienti ormai ben collaudati a livello millenario
dalle altre forme di espressione, come ha affermato Argan
«l'incompatibilità nasceva dal fatto usciva dal sistema delle arti
che il Futurismo aveva già accettato e convalidato»4.
Basti pensare alla reazione di Marinetti connotata da un
atteggiamento molto più mite. Marinetti è un letterato, non un
artista, e per questo è molto meno minacciato dalle potenzialità
della fotografia. Scrive la presentazione alla mostra di Bragaglia
tenutasi nel 1912 alla Sala Picchetti di Roma e, esclusivamente
quando Boccioni non è presente, lo invita alle serate futuriste. Nel
1930 firma con Tato il Manifesto della Fotografia
Futurista, ma quell'apparente
riconciliazione non è altro che il riflusso di un ritorno
all'ordine. Il clima è altro, l'effervescenza di vent'anni prima si
è persa negli anni e Bragaglia è ormai lontano dalle sue dinamiche
fotografie.
Serena Mauriello
1Camillo
Nardini, Viaggio nel mondo della fotografia,
BePub Pubblicazioni digitali, 2013, p. 55.
2Claudio
Di Marra, Fotografia e pittura nel Novecento,
Milano, Bruno Mondadori, 2012, p. 35.
3Maria
Drudi Gambillo, Archivi del Futurismo,
a cura di Teresa Fiori, Roma, De Luca, 1958, p. 288.
4Giulio
Carlo Argan, Postfazione, in
Anton Giulio Bragaglia, Fotodinamismo Futurista,
Torino, Einaudi, 1970, p. 165.
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