Tre poesie di Vittorio Sereni tratte da Frontiera (1941) e Diario d'Algeria (1947). Individuato da Anceschi come capostipite della variante lombarda del novecentismo poetico, affronta tramite la sua poesia i momenti più duri della sua esistenza (dall'esperienza della guerra, alla prigionia, allo sviluppo economico). Secondo Carlo Maria Ossola «la sua poesia è la più alta del secondo Novecento, si affaccia impassibile di fronte al nulla».
Franco Fortini e Vittorio Sereni |
Queste tue mani a difesa di te:
mi fanno sera sul viso.
Quando lente le schiudi, là davanti
la città è quell'arco di fuoco.
Sul sonno futuro
saranno persiane rigate di sole
e avrò perso per sempre
quel sapore di terra e di vento
quando le riprenderai.
In me il tuo ricordo
In me il tuo ricordo è un fruscìo
solo di velocipedi che vanno
quietamente là dove l'altezza
del meriggio discende
al più fiammante vespero
tra cancelli e case
e sospirosi declivi
di finestre riaperte sull'estate.
Solo, di me, distante
dura un lamento di treni,
d'anime che se ne vanno.
E là leggera te ne vai sul vento,
ti perdi nella sera.
Dimitrios
Alla tenda s'accosta
il piccolo nemico
Dimitrios e mi sorprende,
d'uccello tenue strido
sul vetro del meriggio.
Non torce la bocca pura
la grazia che chiede pane,
non si vela di pianto
lo sguardo che fame e paura
stempera nel cielo d'infanzia.
È già lontano,
arguto mulinello
che s'annulla nell'afa,
Dimitrios, su lande avare
appena credibile, appena
vivo sussulto
di me, della mia vita
esitante sul mare.
Vittorio Sereni
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