Alla vigilia di Pasqua ogni anno Nocera Terinese, cittadina arroccate sulle montagne calabre, onora la Vergine con il rito del sangue. I vattienti si autoflagellano le gambe con il cardo e la rosa, due strumenti in sughero e vetro, percorrendo l'itinerario devozionale insieme alla processione che porta con sé l'imponente Pietà lignea risalente al XIV secolo.
«L’unico pensiero ti appare là: nel momento in cui sei davanti la Madonna. Tu non vedi l’ora di raggiungere la Madonna. Nello stesso tempo, da quando si esce dal catuojio, fino a che non si arriva lì, c’è una forma di vero e proprio autoannullamento. Senti, avverti che c’è gente, fotografi davanti a te, ma non li vedi. Arrivato davanti la Madonna ci sono circa 1500 fedeli in processione, per me è come se non ci fosse nessuno. Li vedo dopo, al filmato che qualcuno mi regala, in dvd. E’ una forma di autoannullamento che va a salire, inizia da appena si esce, una prima parte quando incontro mia mamma davanti alla porta, allora là cominciano a riaffiorare i ricordi, penso a papà che è morto. Si accumulano una serie di cose in maniera rapida. Sono filmati che girano nella mente. Dinnanzi alla statua sparisce tutto»
Vito Curcio, vattiente
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Vito Curcio, vattiente, mostra il cardo ovvero uno strumento di flagellazione composto da un disco di sughero e 13 punte di vetro: dodici simboleggianti gli apostoli, incluso Giuda, ed una rappresentante Gesù. Oltre al cardo viene utilizzata la rosa, dalla forma analoga ma senza punte di vetro, ultilizzato per scostare il sangue dalle gambe ed imprimere le rosate benedette sui muri della città. Si tratta a tutti gli effetti di "timbri di sangue", spesso sono gli stessi abitanti del paese a richiedere una rosata sulla propria porta di casa in quanto segno di santa protezione.
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Nadia Curcio prepara un infuso al rosmarino che verrà utilizzato dai vattienti prima e dopo la processione a causa delle sue proprietà cicatrizzanti. Il ruolo delle donne all'interno del rito del sangue è fondamentale per assistere i vattienti già molto prima di Pasqua. |
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La vestizione dell'Acciomu (dal latino Ecce Homo). Francesco Paolo Vaccaro viene vestito, come richiede il rito, da una donna all'interno di un catuojo, ovvero una cantina in cui si svolgono tutti i preparativi. Rappresenta Cristo nella presentazione al popolo da parte di Ponzio Pilato. Indossa una corona di spina santa. Sarà unito al vattiente con un cordone durante tutto il corso del rito. |
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Il primo colpo sulle gambe del vattiente è, generalmente, affidato ad una seconda persona. Vito Curcio sta iniziando il suo percorso che simboleggia la passione di Cristo. |
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La prima rosata benedetta viene lasciata sul petto dell'acciomu. Nel corso della processione, il vattiente imprime le rosate sui muri della città per lasciare la benedizione della santa Vergine. |
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Vito Curcio davanti la chiesa del paese. Le ferite vengono disinfettate, nel corso della processione, con del vino rosso acetoso dall'odore acre e dalle proprietà disinfettanti. |
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Vito Curcio davanti alla statua della Pietà. La devozione all'icona è così grande che gli abitanti del paese sono soliti chiamare la scultura Madonna Nostra. Si tratta del momento più importante e carico di tensione mistica dell'intero rito.
Serena Mauriello
Fotografie di Jacopo Naddeo
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