sabato 2 maggio 2015

[Itinerari Culturali] Oltre la fotografia #3: Capuana, gli spiriti e i "selfie"

Luigi Capuana conversa con Federico De Roberto, forse autoritratto

Se vi dicessi Capuana voi mi rispondereste letteratura, io ne sono sicura. Molti non sanno che nel 1880, dopo l'esperienza fiorentina con lo studio Alinari dello scrittore di Mineo, venne fondato il «Grande Atelier Fotografico in Mineo diretto dal professor Luigi Capuana»1. Non solo amante della fotografia, ma addirittura alla testa di un atelier: come si è arrivati fin a qui?
Quando Zolà aveva lanciato il naturalismo il ruolo della letteratura era radicalmente mutato. Riducendo un pensiero ampio ai minimi termini, sostanzialmente si può affermare che il naturalismo – al pari del verismo italiano – mirava a rappresentare in maniera diretta e meticolosa a realtà. Se questa è la premessa dell'approccio alla narrazione della schiera di scrittori in questione, è ben chiaro come il rapporto con la fotografia poteva divenire più che complesso. La fotografia poteva essere grande nemica o fortunosa alleata in base all'occhio con cui la si guardava.
La capacità di rappresentazione oggettiva del mondo propria del mezzo fotografico aveva richiamato l'attenzione prima di Capuana, poi, grazie alla sua influenza, di De Roberto – definito dal primo semplice «apprendista»2 del campo – e di Verga. Il meno convinto di tutti era l'autore dei Malavoglia che così rimproverava l'amico «Costà non farai nulla non solo, ma ti ritroverai impotente a nulla fare, almeno di arte attiva e proficua»3.
Capuana con la fotografia sperimentava e giocava, senza prendersi alle volte troppo sul serio. Del suo atelier De Roberto parlava come dello studio di uno scienziato pazzo, pieno di strumenti e congegni da lui stesso inventati per seguire tutti gli sviluppi del processo fotografico dalla ripresa, allo sviluppo, alla stampa4. Ciò che attirava lo scrittore era la possibilità di ritrarre il paranormale tramite la fotografia. Sì, Capuana voleva fotografare gli spiriti proprio come quei pazzi di Mistero. Nel 1864 ritrasse una ragazzina in trance medianica, a una ventina di anni dopo risalgono i tentativi di fotografare ectoplasmi. Come afferma Emiliano Morreale

siamo dunque ben lontani dall'intenzione di documentare la realtà secondo un approccio verista; al contrario, Capuana praticava un comportamento tipico della sua terra: la vicinanza tra la foto e la morte (e i morti) è rimasta – fino a pochi decenni fa – un ingrediente fondamentale negli usi sociali della fotografia. Spesso i ritratti ufficiali venivano eseguiti post mortem, sulla salma composta: naturalmente, con ritocco finale agli occhi. Lo stesso Capuana si fece uno scherzoso autoritratto da morto, e accettò di ritrarre una bambina defunta che i parenti, pur di conservare il ricordo, fecero riesumare per l'occasione.5

L'uso della fotografia non va inteso in maniera funzionale ai propri progetti creativi e letterari, uno scatto non diverrà mai supplemento di un'opera di Capuana; piuttosto l'obiettivo diviene una lente con cui osservare il mondo non visibile ad occhio nudo secondo una curiosità tradizionalmente tutta siciliana. La fotografia è chiaramente uno strumento ludico con cui potersi dilettare da soli o in compagnia. Risale al 16 novembre 1987 una lettera in cui Verga scrive a Capuana «Verrai il 20? Non dimenticare di portare stavolta la commedia e anche la macchina fotografica. Coll'una o coll'altra passeremo qualche ora buona, insieme a Federico e a Ciccio Ferlito»6, Federico è chiaramente Federico De Roberto. 
Cosa facevano insieme tre grandi classici della letteratura italiana in una placida giornata autunnale? Capuana metteva a disposizione la macchina fotografica, Verga scattava. Si stava insieme, ci si fotografava. Verga di autoscatti ne ha lasciati molti, con gli amici e con la famiglia. Insomma, forse farsi un “selfie“ non è poi così illecito, ma dire la parola “selfie“... Beh, quello sì.

Serena Mauriello


1Italo Zannier, Storia dlla fotografia italiana, Bari, Laterza, 1986, p. 97.
2Ibidem.
3Carteggio Verga-Capuana (Dicembre 1870-Giugno 1921), a cura di Gino Raya, Milano, edizioni dell'ateneo, 1984, p.136.
4Cfr. Federico De Roberto, Luigi Capuana nei cimeli fotografici, «Noi e il mondo», 1 gennaio 1916, Roma.
5Emiliano Morreale, Tre scrittori del vero: Verga, Capuana, De Roberto, in Atlante della letteratura italiana, a cura di Sergio Luzzato e Gabriele Pedullà, Torino, Einaudi, 2012, pp. 329-333, p.329.
6Carteggio Verga-Capuana, cit., p. 185.

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