mercoledì 13 maggio 2015

[Itinerari Culturali] - Casi editoriali #1: Il Gattopardo e lo scrittore postumo


Ma chi è Tomasi di Lampedusa? […] È un principe che si identifica in ogni sua fibra nelle sorti della classe sociale alla quale la culla gli concede di appartenere. E che, nella decadenza progressiva e ineluttabile della vecchia aristocrazia, perderà tutto.1

Era il 1957 quando Filippo Tomasi Di Lampedusa moriva a Roma all'età di sessantun'anni. La sua morte non fece scalpore, non era uno scrittore, o meglio, lo era, ma nessuno ancora l'aveva riconosciuto come tale. I rifiuti ricevuti nella sua vita non gli avevano lasciato presagire il successo del suo Gattopardo arrivato alle stampe solo un anno dopo la sua morte.
La sua infanzia è tutta di quel mondo aristocratico, trascorre felice nel palazzo familiare a Palermo, l'adolescenza lo porta a viaggiare per l'Europa alimentando e soddisfacendo la sua curiosità. Alla morte del nonno il patrimonio familiare comincia a disperdersi. Un gioco di carte testamentarie scomparse, esistite o forse no. La decadenza economica e sociale dell'aristocrazia di cui la sua stessa famiglia è specchio lo porta in depressione. La lettura è fida amica fin dalla primissima infanzia, per sfuggire alla governante e allo sport, per sopportare gi studi obbligati di diritto, per vivere da solo e sfuggire da tutto il resto del mondo. Nel Gattopardo c'è tutto questo, c'è molto di più. C'è la storia di un principe e della sua famiglia nel cui stemma campeggia, appunto, un gattopardo, ma c'è anche la storia del passaggio dalla Sicilia del regime borbonico allo Stato unitario. Senza un percorso cronologico o spaziale, il romanzo corre da una data all'altra e da un luogo all'altro2, e l'ordine unificante sembra essere solo la volontà di narrare e narrarsi.
Se queste sono le premesse, è facile immaginare il successo di pubblico che riuscì ad ottenere in pochi mesi. Pubblicato nel novembre del '59, a luglio aveva già raggiunto le 70000 copie vendute e il Premio Strega. La critica in un attimo si era infervorata in un coacervo di discussioni. Il “caso Gattopardo“ inizia ben prima della sua apparizione. I no erano arrivati da Mondadori e da Einaudi.
Il 2 luglio 1957 Elio Vittorini risponde a quel dattiloscritto ricevuto negando il suo inserimento nella collana «I Gettoni» ormai satura. La stroncatura di Vittorini descrive Il Gattopardo come prolisso, discordante nel suo essere saggistico ma narrativo, squilibrato e, soprattutto, incapace di diventare il ritratto di un'epoca.
Il recupero del futuro caposaldo ella letteratura novecentesca sarà grazie a Giorgio Bassani, scrisse alla sorella di Tomasi di Lampeduda: «Dalla prima pagina mi sono accorto di fronte all'opera di un vero scrittore. Andando avanti mi sono persuaso che il vero scrittore era anche un vero poeta». Così arrivò alle stampe un'edizione particolare del Gattopardo, quella della prima redazione, ancora incompleta e e ricca di numerose variazioni lessicale e ortografiche rielaborata da Bassani stesso3; solo nel 1969 venne pubblicata un'edizione conforme al dattiloscritto ricevuto da Vittorini.
Così ha inizio il pandemonio della critica. Il primo a prendere la penna in mano è Carlo Bo definendo Il Gattopardo «un libro per molti versi più che notevole, un libro d'eccezione nel miglior senso della parola, tale da costituire non soltanto un caso ma da autorizzare una rivelazione, soprattutto se si tengono presenti le condizioni della nostra narrativa»4. E dopo i grandi elogi il romanzo si tentava di comprenderlo, non era chiaro quale fosse il genere in cui inserirlo (un romanzo storico o psicologico?), qualcuno – specie a sinistra – lo vedeva come un frutto fuori stagione, come prodotto di un'ideologia di destra.
A prescindere dalle interpretazioni che se ne sono date, ciò che conta è saperlo il primo best seller del dopoguerra. E da questa vicenda editoriale la morale per l'aspirante narratore è solo una: senza fretta, se il libro è valido, prima o poi lo scrittore verrà alla luce, e, se proprio non si riesce ad andare alle stampe, forse chissà... Sei proprio tu il futuro scrittore postumo?


Serena Mauriello


1Riccardo Tanturri, Il Gattopardo innamorato, Catanzaro, Rebettino, 2001, p. 9.
2Cfr. Giulio Ferroni, Storia della letteratura italiana. Il Novecento e il nuovo millennio, Perugia, Mondadori Università, 2013.
3Cfr. David Gilmour, L'ultimo Gattopardo. Vita di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Milano, Feltrinelli, 1989.
4Carlo Bo, La zampata del Gattopardo, «La Stampa», 26 novembre 1958.

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