Ma chi
è Tomasi di Lampedusa? […] È un principe che si identifica in
ogni sua fibra nelle sorti della classe sociale alla quale la culla
gli concede di appartenere. E che, nella decadenza progressiva e
ineluttabile della vecchia aristocrazia, perderà tutto.1
Era il 1957 quando Filippo Tomasi Di
Lampedusa moriva a Roma all'età di sessantun'anni. La sua morte non
fece scalpore, non era uno scrittore, o meglio, lo era, ma nessuno
ancora l'aveva riconosciuto come tale. I rifiuti ricevuti nella sua
vita non gli avevano lasciato presagire il successo del suo
Gattopardo arrivato alle
stampe solo un anno dopo la sua morte.
La sua
infanzia è tutta di quel mondo aristocratico, trascorre felice nel
palazzo familiare a Palermo, l'adolescenza lo porta a viaggiare per
l'Europa alimentando e soddisfacendo la sua curiosità. Alla morte
del nonno il patrimonio familiare comincia a disperdersi. Un gioco di
carte testamentarie scomparse, esistite o forse no. La decadenza
economica e sociale dell'aristocrazia di cui la sua stessa famiglia è
specchio lo porta in depressione. La lettura è fida amica fin dalla
primissima infanzia, per sfuggire alla governante e allo sport, per
sopportare gi studi obbligati di diritto, per vivere da solo e
sfuggire da tutto il resto del mondo. Nel Gattopardo
c'è tutto questo, c'è molto di più. C'è la storia di un principe
e della sua famiglia nel cui stemma campeggia, appunto, un
gattopardo, ma c'è anche la storia del passaggio dalla Sicilia del
regime borbonico allo Stato unitario. Senza un percorso cronologico o
spaziale, il romanzo corre da una data all'altra e da un luogo
all'altro2,
e l'ordine unificante sembra essere solo la volontà di narrare e
narrarsi.
Se
queste sono le premesse, è facile immaginare il successo di pubblico
che riuscì ad ottenere in pochi mesi. Pubblicato nel novembre del
'59, a luglio aveva già raggiunto le 70000 copie vendute e il Premio
Strega. La critica in un attimo si era infervorata in un coacervo di
discussioni. Il “caso Gattopardo“
inizia ben prima della sua apparizione. I no erano arrivati da
Mondadori e da Einaudi.
Il 2
luglio 1957 Elio Vittorini risponde a quel dattiloscritto ricevuto
negando il suo inserimento nella collana «I Gettoni» ormai satura.
La stroncatura di Vittorini descrive Il Gattopardo
come prolisso, discordante nel suo essere saggistico ma narrativo,
squilibrato e, soprattutto, incapace di diventare il ritratto di
un'epoca.
Il
recupero del futuro caposaldo ella letteratura novecentesca sarà
grazie a Giorgio Bassani, scrisse alla sorella di Tomasi di
Lampeduda: «Dalla prima pagina mi sono accorto di fronte all'opera
di un vero scrittore. Andando avanti mi sono persuaso che il vero
scrittore era anche un vero poeta». Così arrivò alle stampe
un'edizione particolare del Gattopardo, quella della prima redazione,
ancora incompleta e e ricca di numerose variazioni lessicale e
ortografiche rielaborata da Bassani stesso3;
solo nel 1969 venne pubblicata un'edizione conforme al dattiloscritto
ricevuto da Vittorini.
Così ha inizio il pandemonio della
critica. Il primo a prendere la penna in mano è Carlo Bo definendo
Il Gattopardo «un
libro per molti versi più che notevole, un libro d'eccezione nel
miglior senso della parola, tale da costituire non soltanto un caso
ma da autorizzare una rivelazione, soprattutto se si tengono presenti
le condizioni della nostra narrativa»4.
E dopo i grandi elogi il romanzo si tentava di comprenderlo, non era
chiaro quale fosse il genere in cui inserirlo (un romanzo storico o
psicologico?), qualcuno – specie a sinistra – lo vedeva come un
frutto fuori stagione, come prodotto di un'ideologia di destra.
A
prescindere dalle interpretazioni che se ne sono date, ciò che conta
è saperlo il primo best seller del
dopoguerra. E da questa vicenda editoriale la morale per l'aspirante
narratore è solo una: senza fretta, se il libro è valido, prima o
poi lo scrittore verrà alla luce, e, se proprio non si riesce ad
andare alle stampe, forse chissà... Sei proprio tu il futuro
scrittore postumo?
Serena Mauriello
1Riccardo
Tanturri, Il Gattopardo innamorato,
Catanzaro, Rebettino, 2001, p. 9.
2Cfr.
Giulio Ferroni, Storia della letteratura italiana. Il Novecento e
il nuovo millennio, Perugia,
Mondadori Università, 2013.
3Cfr.
David Gilmour, L'ultimo Gattopardo. Vita di Giuseppe Tomasi di
Lampedusa, Milano, Feltrinelli,
1989.
4Carlo
Bo, La zampata del Gattopardo,
«La Stampa», 26 novembre 1958.