sabato 13 dicembre 2014

[Per Leggere un po'] "Pornotopia. Architettura e sessualità". Il viaggio di Preciado nell'universo Playboy

Nel 1884 lo scrittore francese Karl Huysmans narrava, tra le pagine del romanzo Controcorrente, quella che Guy de Maupassant ha poi definito la “storia di una nevrosi”:  il protagonista è Jean Floressas Des Esseintes, un ricco parigino rimasto orfano in giovane età che, dopo una dura educazione gesuita e qualche anno passato tra i salotti aristocratici, resta deluso dalla vuota e frivola mondanità della vita di Parigi. Così, sempre più alienato dai propri desideri, decide di chiudere ogni contatto con la società per rifugiarsi in una villa di campagna, teatro di un ritiro che diverrà poi fatale: arreda il suo spazio con una cura maniacale, con la scelta meticolosa di colori, materiali, abbinamenti; acquista una tartaruga che fa poi imbellettare di diamanti per seguire la linea domestica e, oltre ad allestire una biblioteca contenente i volumi da lui preferiti, si dedica alla composizione di profumi e alla cura di piante, tutto in nome dell’artificialità. Il suo diviene un piccolo pianeta in cui tutto è su misura e  completamente estraneo al divenire del mondo esterno…

“Volevo una casa da sogno. Un luogo nel quale fosse possibile lavorare e anche divertirsi, senza i problemi e i conflitti del mondo esterno. Un ambiente che un uomo potesse gestire da solo. Lì sarebbe stato possibile trasformare la notte in giorno, vedere un film a mezzanotte e chiedere che mi venisse servita la cena a mezzogiorno, partecipare a riunioni di lavoro in piena notte e avere incontri romantici la sera.
Sarebbe stato un rifugio e un santurario…..”

Le righe che avete appena letto non sono un passo di
Hugh Hefner
Controcorrente.
A parlare non è un maniacale aristocratico dall’animo decadentista della Parigi di fin de siècle, ma Hugh Hefner, il fautore di Playboy, l’impero mediatico e immobiliare che, nel bel mezzo della guerra fredda, ha segnato inderogabilmente la storia dell’immaginario collettivo architettonico e sessuale che domina tutt’oggi la cultura mediatica e di massa contemporanea.

“…Mentre il resto del mondo rimaneva fuori dal mio controllo, nella Playboy Mansion tutto sarebbe stato perfetto. Questo era il mio piano. Sono cresciuto in un ambiente molto repressivo e conformista, per questo cercavo di creare il mio proprio universo, nel quale sentirmi libero di vivere e amare in un modo che la maggior parte della gente si azzarda appena a sognare”.

A parlare di lui e del mondo a cui ha dato vita è la filosofa spagnola Beatriz Preciado, che nel libro Pornotopia, edito da Fandango Edizioni e vincitore del premio “Miglior saggio dell’anno di Anagrama”, ha svolto una
vera e propria inchiesta conoscitiva tra le pagine patinate – e le mura –dell’universo delle conigliette, quello che mi vedevo in televisione a dodici anni e che mai avrei immaginato essere un punto nevralgico fondamentale nell'evoluzione del nostro universo simbolico.


La cultura di genere statunitense del secondo dopoguerra vedeva contrapposti due spazi: quello urbano, a completo uso e consumo del maschio di famiglia lavoratore, e quello suburbano, teatro di una domesticità dominata dal mondo femminile, dalla donna di casa, dalla madre di famiglia; cellula riproduttiva e specchio dell’immaginario nazionalista americano. Una divisione rigida, frutto di usi e costumi ormai anziani, destinati ad estinguersi presto. E un elemento che contribuisce fortemente questa estinzione, ci spiega la Preciado, è rappresentato dal coniglio rosa, il simbolo di Playboy: la figura sagomata rappresentante l’ingenuo musetto di bunny
non vuole rimandare alle modelle della mansion – che appariranno ‘armate’ d’orecchie solo dieci anni dopo –, ma al destinatario principale della rivista: lo scapolo, il divorziato, l’uomo che, in contrapposizione alla figura del “soldato fisico e primitivo" della  Seconda guerra mondiale, sceglie di prender parte a quella che l’autrice definisce una “rivoluzione maschilista”, una  riappropriazione maschile dello spazio domestico fino a quel momento “sequestrato” dalle mogli: “Mettendo in discussione la relazione politica storicamente stabilita tra spazio domestico e femminilità – sottolinea Preciado – Playboy inizia un processo di denaturalizzazione della domesticità parallelo, anche se in un certo senso opposto, a quello che il femminismo mette in moto negli stessi anni”.

Marylin Monroe sulla prima copertina di Playboy, 1953
L’uomo diventa coniglio cacciatore, frivolo adolescente alla ricerca della giovane preda che per una notte esaudirà i suoi desideri, fortemente proibiti dal moralismo americano. E l’oggetto principale di questa nuova cultura farmacopornografica, a partire dalla prima uscita della rivista (1953), è la “ragazza della porta accanto”. La prima copertina di Playboy è a colori – una novità per l’editoria di quegli anni – e ritrae la Marylin Monroe languida e sorridente che farà da linea guida a tutte le altre conigliette. Il fruitore, tra articoli di architettura  e riflessioni sul ruolo del nuovo maschio eterosessuale e consumista, ha a disposizione al centro degli issue un poster pieghevole contenente  le immagini della coniglietta del mese. Immagini che, per mezzo di una pubblicizzazione dello spazio domestico in cui è ritratta la ragazza, apriranno le porte sia al mondo pornografico che a quello degli ormai noti reality show. È un’ intimità pieghevole, quella inaugurata da Hefner e collaboratori. Un’intimità che più avanti, con il completamento del primo impero immobiliare Playboy fatto di mansion e club, secondo Preciado segnerà la rivoluzione non solo dell’architettura moderna, ma anche dei simboli culturali – nonché mediatici – ad essa collegati: la donna diventa oggetto voluttuoso della masturbazione maschile, la casa del coniglio non vuole la femmina se non come mero complemento d'arredonascono la cucina senza cucina, il
Stanza della Chicago Playboy Mansion
letto girevole (a cui l'autrice dedica un lungo paragrafo), le grotte tropicali artificiali, le suddivisioni domestiche tra padrone di casa e conigliette che l’autrice affronta in chiave foucaultiana; la mansion di Hefner, rifugio artificiale e continuamente connesso ai media (stampa e televisione) che l'abitante non abbandona mai (Hefner non uscirà dal suo mondo per ben quaranta anni!), diventa il primo bordello multimediale della storia ispirato alle utopie sessuali del marchese De Sade e dell’architetto francese Ledoux.  

Il mio è un sunto molto magro, perché Preciado in questo saggio ha svolto un’analisi tanto minuziosa e ampia che ovviamente non basta un articolo a rinchiuderla tutta. Ma io fin da subito sono stata colpita da un parallelismo che mi è sorto spontaneo e che si trova proprio alla radice: Hefner, come il Des Esseintes di Controcorrente, è annoiato dall’educazione oppressiva e borghese che domina l’universo moralista in cui vive. E quella che, parafrasando Foucault, nel caso di Huysmans può forse essere considerata una sorta di “eterotopia”  al servizio del singolo, quasi un secolo dopo sembra cambiare forma e ampliare il suo pubblico: diventa quella che Preciado chiama la “pornotopia” mediatica dell’universo Playboy, al servizio di un’intera società consumistica:Quello che è moderno nell’architettura moderna - scrive l'autrice citando la storica Beatriz Colomina - non è il funzionalismo né l’uso dei materiali, bensì la sua relazione con i mezzi di comunicazione di massa”. 

“Credo che Playboy sia per la filosofia politica contemporanea quello che la locomotiva a vapore fu per Marx, un modello di produzione economica e culturale imprescindibile per comprendere le mutazioni che hanno avuto luogo durante la seconda metà del ventesimo secolo.” (Beatriz Preciado)


Giulia Capozzi
(@giulscapozzi)

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