Il secondo appuntamento delle nostre poetiche interviste ha come protagonista Annalisa Teodorani, poetessa che da anni porta avanti la tradizione poetica dialettale di Santarcangelo di Romagna. Quattro domande lampo e tre poesie, in dialetto e non, per introdurvi alla sua ultima raccolta, Nient'altro che parole.
Santarcangelo di Romagna vista dalla campagna |
Annalisa Teodorani, nata a Rimini nel 1978, vive a Santarcangelo di Romagna e fa parte di quei poeti contemporanei che stanno portando avanti la tradizione poetica della scuola santarcangiolese. Esordisce nel 1999 con la raccolta in dialetto romagnolo Par sénza gnént , cui seguono le raccolte La chèrta da zugh (2004), Sòta la guàza (2010), La stasòun dagli amòuri biénchi (2014) e Nient'altro che parole, pubblicata quest'anno nella collana Zoom Poesia di Feltrinelli Editore.
A riconfermare l’importanza dei suoi versi, l’autrice è compresa nel saggio
a cura di Pietro Civitareale Poeti in romagnolo del secondo Novecento (La Mandragora 2005), nella selezione antologica eponima uscita nel 2006 per le edizioni Cofine di Roma, nel Dizionario dei poeti dialettali romagnoli del Novecento a cura di Gianni Fucci e Giuseppe Bellosi (Pazzini 2006), e nell’antologia in lingua inglese Poets from Romagna uscita nel 2013 per la casa editrice gallese Cinnamon Press. È vincitrice di numerosi premi e i suoi versi sono stati pubblicati su quotidiani e riviste romagnole, tra cui “Ariminum”, “Confini”, “Graphie”.
Dopo aver letto la sua ultima raccolta, Nient'altro che parole, abbiamo deciso di farvela conoscere meglio attraverso un'intervista lampo e tre poesie, in dialetto e non.
Cosa ti a spinge a scegliere il dialetto, lingua naturale e originaria?
Ormai faccio questa operazione da anni, è del tutto naturale per me. Considero il dialetto una sorta di lingua madre perché così lo vivo. Sono cresciuta in un ambiente dialettofono e credo che, anche inconsapevolmente, sia stata questa lingua a parlarmi ancor prima dell'italiano
Che rapporto intercorre tra poesia in dialetto e traduzione in Nient’altro che parole?
Di fatto rimangono due blocchi distinti. Nel senso che tutto ciò che trovate scritto in ciascuna delle due lingue, di base è stato pensato nella sua lingua originaria. La traduzione dal dialetto nei testi pensati per l'appunto in dialetto è meramente una traduzione di servizio, come nei libri precedenti, ma comunque dotata di una sua autenticità, e dunque di autonomia. Con la Casa editrice abbiamo voluto fare questo esperimento delle due lingue perché poteva essere interessante vedere come ne sarebbe uscita nel complesso la mia voce. Di fatto, si tratta della prima opera in cui pubblico anche testi concepiti in italiano.
Quali sono i tuoi riferimenti poetici nella tradizione dialettale e italiana?
Certmente per il dialetto i miei conterranei: Tonino Guerra, Raffaello Baldini, Nino Pedretti poi i classici: Leopardi, Pascoli, Montale, Ungaretti e Antonia Pozzi per esempio...
Chi sono i destinatari ideali della tua poesia?
Tutti! Credo nella funzione sociale della poesia, credo che la parola abbia il compito di raggiungere il maggior numero possibile di persone. Di questi tempi ne abbiamo bisogno.
Andè vì s'una schéusa
turnè pr'una surpràisa ch'la n g'nè
par nu sintói
che i dè i è lóngh
e i è tótt cumpàgn
l'è cumè andè da la càmbra da lèt
a e' bagn
ad nòta.
(Andare via con una scusa/ tornare per una sorpresa che non c'è/ per non sentire che i giorni sono lunghi/ e sono tutti uguali/ è come andare dalla camera da letto/ al bagno/ di notte)
**
Attorno al buco
si è formato un vuoto.
Anche l'anima è soggetta
alla forza di gravità
ma precipitando
trova la sua essenza
**
Non lo vedi
perchè sei attraversata
dall'angelo
è tutta luce
quell'assenza
di cui ti fai trasparenza
A cura di Giulia e Serena
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